350Disse. E fuori di sé, la Diva, pel fiero tormento,
s’allontanava. Ed Iri la prese, la trasse lontano,
tutta dogliosa; e il volto suo bello era livido fatto.
E Marte impetuoso, seduto a sinistra del campo,
trovò: nebbia celava la lancia e i veloci cavalli. 355Essa a ginocchi piombò dinanzi al fratello diletto,
e i rapidi cavalli gli chiese con calda preghiera:
«Fratello mio diletto, soccorrimi, dammi i cavalli,
ché io giunga in Olimpo, dove hanno soggiorno i Celesti.
Troppo la piaga mi duole che un uomo mortale m’inferse, 360il figlio di Tidèo, che a pugna verrebbe con Giove».
Disse. E Marte i corsieri dagli aurei frontali le diede.
La Diva ascese il carro, con l’animo pieno di doglia.
Iride presso a lei salí, strinse in pugno le briglie,
vibrò la sferza; e lenti non furono al corso i cavalli. 365Giunsero presto alla sede dei Numi, alla cima d’Olimpo.
Quivi i cavalli fermò la Diva dai pie’ come il vento,
li sciolse, pose ad essi dinanzi l’ambrosio foraggio.
Ed Afrodite sulle ginocchia a sua madre Dióna
piombò. Dióna accolse la figlia stringendola al seno, 370a carezzarla tese la mano, e le disse: «Figliuola
cara, qual mai degli Uràni t’ha senza ragione ferita,
come se innanzi agli occhi di tutti tu avessi fallito?».
E le rispose cosí l’amica del riso Afrodite:
«Il figlio di Tidèo mi ferí, Dïomede superbo, 375perché fuor della mischia traevo il mio figlio diletto.
Enea, ch’è pel mio cuore diletto fra gli uomini tutti.
Ché fra Troiani ed Achei piú non arde l’orribile pugna,
ma con gli stessi Numi i Dànai si azzuffano adesso».
E a lei cosí rispose Dióna ch’è Dea fra le Dive: