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126 ILIADE 809-838

Era Tidèo di membra non grandi, ma saldo alla pugna.
800E sin quando io vietavo che parte prendesse alle zuffe,
che sua prodezza mostrasse — quando egli lontan dagli Achivi
araldo a Tebe venne fra i molti guerrieri di Tebe,
io gli ordinai che tranquillo sedesse con gli altri a banchetto — ,
egli, che mal poteva mutare il suo cuore gagliardo,
805i giovani cadmei sfidò, senza sforzo li vinse
in ogni prova: ch’io vicino gli stavo, al soccorso.
E invece presso a te sono ora, di te mi do cura,
t’esorto di gran cuore che tu coi Troiani combatta;
ma tu, da travagliosa stanchezza fiaccate hai le membra,
810oppure il cuor ti frena timore, e t’arresta. Davvero
figlio non sei di Tidèo, del prode figliuolo d’Enèo».
     E Dïomede, prode guerriero, cosí le rispose:
«Ben ti conosco, o Dea, dell’egioco Giove figliuola:
perciò, ben volentieri ti parlo, ché nulla io ti celo.
815Il cuore mio non frena terrore, né esito. Solo
io dei comandi tuoi mi ricordo, che tu m’impartisti:
ché proibisti ch’io faccia a faccia coi Numi lottassi:
con gli altri Numi: solo se fosse venuta Afrodite
alla battaglia, potevo ferirla col lucido bronzo.
820Per questo io qui ritratto mi sono, ed agli altri compagni
Argivi, ordine diedi che qui si adunassero tutti:
perché mi sono accorto che Marte presiede alla pugna».
     E a lui cosí rispose la Diva dagli occhi azzurrini:
«O figlio di Tidèo, Dïomede diletto al mio cuore,
825non paventare, no, di Marte, né d’altro qual sia
degli Immortali: tale sono io, che, a te presso, t’assisto.
Su’, spingi prima i tuoi cavalli su Marte, e da presso
fa’ di colpirlo, riguardo non abbi di quel furïoso,