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146 ILIADE 368-397

«Ettore, come tu chiedi, ti posso dar certa risposta.
Non già dalle cognate né al tempio d’Atena ella è andata,
380dove la Dea tremenda imploran le donne di Troia;
ma sovra l’alta torre di Troia, quand’ella ha sentito
ch’àn gran vantaggio gli Achivi, che cadono stanchi i Troiani.
Subito allora è corsa di furia, verso le mura
come una pazza; e con lei la nutrice, recando il bambino».
     385La dispensiera disse cosí. Si spiccò dalla casa
Ettore, su la medesima via, per le belle contrade.
Ora, quand’egli, tutta la grande città traversata,
giunse alle porte Sceèe, dond’era l’uscita sul piano,
quivi gli venne contro, correndo, la florida sposa,
390Andromaca, la figlia d’Etíone dall’animo grande,
d’Etíone, che sottesse le selve abitava del Placo,
nell’Ipoplacia Tebe, di genti cilicie signore;
e d’Ettore, fulgente guerriero, fu sposa la figlia.
Contro or gli mosse; e l’ancella seguiala, che il bimbo recava
395parvolo ancora, né ancora parola dicea, tra le braccia,
d’Ettore il figlio diletto, che un astro del cielo sembrava.
Ettore lo chiamava Scamandrio; ma gli altri Troiani
Astïanatte: ché il padre, da solo era schermo di Troia.
Ecco, e sorrise in silenzio, com’egli il suo pargolo vide.
400Ma, lagrime versando, vicina gli venne la sposa,
e per la man lo prese, gli volse cosí la parola:
«Misero te, la tua furia sarà la tua perdita, e il bimbo
non ti commuove a pietà, non io sciagurata, che presto
vedova rimarrò di te: ché ben presto gli Achei
405t’uccideranno, piombando su te tutti insieme. Ed allora,
quando di te sarò priva, meglio è ch’io discenda sotterra;
poi che nessun conforto, se un tristo destino ti coglie,