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216 ILIADE 619-648

«O di Laerte figlio divino, scaltrissimo Ulisse,
620andiam: ché non mi sembra che un esito ai nostri discorsi
si possa avere, almeno da questo viaggio. Al piú presto
dare convien la risposta, per quanto non buona, agli Achivi,
che certo adesso stanno raccolti in attesa; ma in seno
rempiuto ha il cuore, Achille magnanimo, d’ira selvaggia,
625lo sciagurato!, e nulla gl’importa l’amor dei compagni,
che a lui, su ogni altro, presso le navi rendevano onore.
Egli è senza pietà! Persin da chi uccise il fratello
riceve altri l’ammenda, persin da chi uccise il figliuolo,
e riman l’uno, poiché la pena espiò, nel paese,
630l’altro alla furia sua pon freno ed al cruccio del cuore,
poscia che ottenne il riscatto; a te, sol per una fanciulla,
furia implacata e sinistra nel cuore istillarono i Numi.
Or te ne offriamo sette, fanciulle, bellissime tutte,
ed altri doni assai. Su’ via, placa dunque il tuo cuore,
635la casa tua rispetta: ché sotto il tuo tetto ora siamo,
dove mandati ci hanno gli Achivi; e i piú cari e devoti
a te d’esser crediamo fra tutti gli Achivi, o Pelíde».
     E a lui rispose Achille veloce con queste parole:
«Di Telamóne figlio, signore di popoli, Aiace,
640è tutto quanto quello ch’ài detto, conforme al mio cuore;
ma il seno a me si gonfia di bile, ogni volta ch’io penso
a ciò ch’è stato, in che vilipendio mi pose l’Atríde,
che m’ha trattato come s’io fossi un ribaldo randagio.
E dunque, andate, voi, ciò ch’io detto v’ho, riferíte,
645ché io darmi non voglio pensier della guerra cruenta,
se prima Ettore, figlio divino di Priamo guerriero,
giunto alle navi e alle tende non sia dei Mirmídoni, strage
fatta non abbia d’Argivi, struggendo col fuoco le navi.