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218 ILIADE 679-707

ed anche gli altri Achei soggiunse che avrebbe esortati
680a ritornare in patria; perché non vedrete la fine
d’Ilio scoscesa: troppo la mano, a proteggerla, tende
Giove tonante, troppa baldanza animò le sue genti.
Cosí disse: costoro che meco lí vennero, Aiace
e gli assennati araldi, lo posson ripetere a voi.
685Fenice il vecchio, lí rimase a dormire: ad Achille
piacque cosí, perché lo segua diman su le navi,
verso la patria, se vuole: ché a forza condurlo non brama».
     Cosí diceva. E tutti rimasero senza parola,
stupiti ai detti suoi: sí furono fieri e gagliardi.
690Muti rimasero a lungo, crucciati i figliuoli d’Acaia:
pure, alla fine, parlò Dïomede, alto grido di guerra:
«O glorïoso Atríde, di genti, o Agamènnone, sire,
deh!, non avessi mai pregato il perfetto Pelíde,
mille presenti e mille offrendogli! Troppo è superbo
695già di per sé: la sua superbia or tu molto eccitasti.
Dunque, lasciamolo stare, che resti o che torni alla patria.
Il giorno ben verrà, che ancora alla guerra egli torni,
quando nel seno il cuore gli dica, od un Nume lo spinga.
Ma ora, tutti, via, facciamo cosí come io dico:
700sazie rendete adesso di cibo e di vino le brame,
poscia dormite: ché questo ristora le forze e il coraggio.
Poi, come Aurora appaia, le bella, ch’à dita di rose,
genti e cavalli in fretta dinanzi a le navi tu schiera,
èccitale a battaglia, tu stesso fra i primi combatti».
     705Cosí diceva; e lui tutti quanti approvarono i prenci,
ché le parole del re Dïomede ammiravano. E allora,
poi ch’ebbero libato, tornarono ognuno alla tenda,
si coricarono qui, goderono i doni del sonno.