Pagina:Iliade (Romagnoli) I.djvu/291

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236 ILIADE 430-468

Ei le ha recate seco; né sembra che gente mortale
440possa indossarle mai; ma solo i beati Celesti.
Ma via, portatemi ora vicino alle rapide navi,
oppure, qui di lacci dogliosi lasciatemi avvinto,
sinché non siate qui tornati, ed abbiate la prova
se tutto quanto il vero v’ho detto, se ho detto menzogna».
     445Ma bieco lo guardò Dïomede gagliardo, e rispose:
«Poi che tu in mano ci sei caduto, speranza di scampo
non concepire, per buone che sian le tue nuove, Dolone.
Perché, se ti sciogliamo, se andar ti lasciamo, di nuovo
tu verrai certo presso le rapide navi d’Acaia,
450sia per spiare, sia per combattere in campo: se invece
sotto le mani mie cadi ora, se perdi la vita,
essere piú non potrai, d’ora innanzi, di cruccio agli Achivi».
     Disse. Ben quegli tentò di stendergli al mento la mano,
per supplicarlo; ma l’altro vibrò giú la spada, ed il collo
455a mezzo gli colpí, recise ambi i tendini; e il capo
giú fra la polvere cadde, che ancora la voce suonava.
Dal capo allor l’elmetto di dònnola trassero fuori,
la grande lancia, l’arco ricurvo, la pelle di lupo:
tutto Ulisse levò, tese alte le mani ad Atena
460Dea predatrice, e queste parole di prece le volse:
«Dea, questi doni gradisci: fra quanti Immortali ha l’Olimpo,
le nostre offerte avrai tu prima d’ogni altro; ma ora
guidaci tu, dove sono dei Teucri i cavalli e le tende».
     Cosí disse; e levò la preda, e alla cima l’appese
465d’un tamerisco; e a porvi segnale visibile, sopra
rami di tamerici legò fronzutissimi, e canne,
ché ritornando, poi, non dovesse, nel buio, sfuggirgli.
E poi, mossero avanti, fra l’armi ed il livido sangue,