Pagina:Iliade (Romagnoli) I.djvu/302

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1io-139 CANTO XI 247

110lo rovesciò: poi presto, dai corpi rubò l’armi belle;
ché li conobbe: visti li avea presso i rapidi legni,
quando dall’Ida Achille, veloce nel corso, li addusse.
Come i poppanti figli di rapida cerva, un leone
agevolmente, se li ha fra le zanne possenti, maciulla,
115poi che al lor covo giunse, ne strugge la tenera vita:
la madre, pur se sia vicina vicina, soccorso
dare non può, ché tutta tremendo tremore l’invade;
ma rapida si lancia pei fitti dumeti e la selva,
ed ansa e suda, mentre la fiera possente l’incalza:
120cosí, niun dei Troiani salvare quei due dalla morte
poteva: ch’essi stessi fuggivan dinanzi agli Argivi.
E poi, Pisandro colse, e Ippòloco amico di zuffe,
figli d’Antímaco, prode guerriero, che fulgidi doni
aveva, ed oro molto, da Paride avuto, e contrasto
125facea ch’Elena render dovessero al biondo suo sposo.
I due giovani dunque coglieva Agamènnone forte,
che, sopra un cocchio entrambi, tentavan frenare i cavalli:
ch’eran a lor di mano sfuggite le fulgide briglie,
ed impennati i cavalli. Di fronte s’aderse l’Atríde,
130come un leone; ed essi pregaron dal carro, a ginocchi:
«Pigliaci vivi: e il degno riscatto, figliuolo d’Atrèo,
accetta: sono in casa d’Antímaco molti tesori,
e bronzo, ed oro, e ferro foggiato con vario lavoro:
di qui darti potrà nostro padre riscatto infinito,
135ov’ei sappia che vivi noi siam presso i legni d’Acaia».
     Cosí, versando pianto, quei due rivolgevano al sire
questi melliflui voti; ma udirono amara risposta:
«Se voi figliuoli siete d’Antímaco crudo, che un giorno
nell’assemblea dei Troiani, propose che fossero spenti