200«Ettore a Giove pari nel senno, di Príamo figlio,
a te qui m’inviò Giove padre, che ciò ti dicessi:
sin che Agamènnone prode, pastore di genti, tu veda
infurïar tra i primi, struggendo le file guerriere,
lungi tu sta dalla pugna, dà moniti agli altri guerrieri, 205ché nella fiera battaglia sostengano l’urto nemico;
ma quando poi, trafitto di lancia o colpito di freccia,
risalirà sul cocchio, tal possa in te infondere vuole,
che sterminare Achei potrai sin che giunga alle navi,
e il sol s’immerga, e scenda sul mondo la tènebra sacra». 210Iri dai piedi veloci, via mosse, com’ebbe ciò detto.
Ed Ettore dal carro balzò, tutto chiuso nell’arme;
e, palleggiando le acute zagaglie, moveva pel campo,
tutti esortando alla pugna, la zuffa crudele eccitando.
Quelli si volsero allora, e fecero fronte agli Achivi; 215e, d’altro canto, gli Achivi piú salde serrâr le falangi.
E s’appiccò la pugna, stette uomo contro uomo; ed irruppe
primo Agamènnone: ch’egli voleva esser primo alla lotta.
Ditemi adesso, Muse che avete dimora in Olimpo,
chi mosse primo contro l’Atríde signore di genti, 220vuoi dei Troiani, vuoi dei celebri loro alleati.
Ifidamante, figlio d’Antènore, fu, grande e forte,
ch’era cresciuto in Tracia feconda, nutrice di greggi.
Sotto il suo tetto cresciuto l’avea, ch’era piccolo tanto,
l’avo materno, Cissa, figliuolo di Tèano bella; 225e poi ch’ebbe raggiunta la gloria degli anni fiorenti,
qui lo trattenne ancora, gli diede in isposa la figlia.
Ma come ebbe sposato, udí ch’eran giunti gli Achivi;
e il talamo lasciò, partí via con dodici navi
che lo seguíano. Lasciò poi le rapide navi a Percòte,