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467-496 CANTO XI 259

temo che solo ei sia, che l’abbiano spinto i Troiani
lungi dai nostri, nell’aspra battaglia, e lo incalzino tutti.
Dunque, su via, fra le turbe moviamo, ché questo è pel meglio:
470temo che solo cosí non debba venir sopraffatto,
benché sia prode: e grande pei Dànai sarebbe il cordoglio».
     Disse, e balzò: con lui mosse anche quel divo guerriero.
E Ulisse caro ai Numi trovarono, e intorno i Troiani,
che l’incalzavano, come rossastri sciacalli sui monti
475sopra cornigero cervo ferito, che un uomo col dardo
dell’arco suo trafisse; ma quello coi piedi veloci
fuggí, finché gli resse, pur tepido, il sangue, e il ginocchio;
ma quando poi la forza del rapido dardo lo prostra,
in mezzo ai monti, strazio ne fanno i rapaci sciacalli,
480entro un’ombrosa selva; poi mandano i Numi un leone
predone; e gli sciacalli s’involano, e quei lo divora.
Cosí d’intorno a Ulisse guerriero dall’animo scaltro
molti e valenti Troiani facevano ressa; e l’eroe
lungi tenea, vibrando la lancia, il suo giorno fatale.
485E presso venne Aiace, che simile a torre uno scudo
reggeva, e quivi stette. Fuggirono tutti i Troiani,
chi qua chi là. Menelao pel braccio l’eroe dalla turba
trasse, finché lo scudiere condusse vicini i cavalli;
e sui Troiani Aiace piombando, uccideva Doríclo,
490ch’era di Priamo figlio bastardo, e feriva Pandòco,
e poi Lisandro, e poi Piràso feriva e Pilarte.
Come talora un fiume rigonfio precipita al piano,
che liquefatte nevi trascina dai monti, e dal cielo
sempre l’ingrossa la pioggia, molte aride querce rapina,
495e molti pini, e melma rovescia in gran copia nel mare:
imperversando cosí, nel piano il bellissimo Aiace

Omero - Iliade, I - 17