Pagina:Iliade (Romagnoli) I.djvu/326

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826-848 CANTO XI 271

giacciono tutti sopra le navi, colpiti o trafitti
sotto le mura di Troia; e cresce la furia nemica
sempre. Ora in salvo tu mi reca alla nave, dall’anca
toglimi il dardo, sopra, per tergere il livido sangue,
830tepida l’acqua versa, cospargivi farmachi blandi,
miracolosi, che a te, raccontano, Achille insegnava,
ed egli da Chirone, dal giusto Centauro, li apprese.
Ché i due di mediche arti esperti fra noi, Macaóne
giace trafitto da un colpo, per quanto io mi so, nella tenda,
835ed ha bisogno anch’egli d’un medico esperto; e nel campo
è Podalirio, e l’urto sostien degli ardenti Troiani».
     E di Menezio il prode figliuolo cosí gli rispose:
«Come andran dunque le cose? Eurípilo eroe, che faremo?
Andrò, riferirò le parole ad Achille guerriero,
840che a me Nèstore disse gerenio, difesa d’Acaia;
ma non mi sento, intanto, lasciarti cosí travagliato».
     Disse; e alla tenda sua lo guidò, sostenendolo ai fianchi;
e lo scudiere il letto di pelli bovine gli stese.
Fattolo stendere qui, con la spada gli estrasse la freccia,
845dalla ferita, acuta, dogliosa; e con l’acqua tepente
deterse il negro sangue, vi sparse un’amara radice,
che triturò con le mani, che il duolo placava, che fine
pose allo strazio; e il sangue cessò, la ferita fu chiusa.