Pagina:Iliade (Romagnoli) I.djvu/339

Da Wikisource.
284 ILIADE 260-289

260Questi smovevano indietro, sperando che avrebbero infranto
il muro degli Achei. Né i Dànai cedevano ancora;
bensí, facendo siepe coi scudi di pelle sui merli,
di qui colpivan quanti nemici giacessero sotto.
     E sulle torri entrambi gli Aiaci, partendo comandi,
265correvano qua e là, gli Achivi eccitando a prodezza,
questo con detti soavi, quell’altro con dura rampogna,
se mai vedeano alcuno che in tutto la lotta obliasse:
«O cari, o degli Argivi chi ottimo sia, chi mediocre,
e chi da meno — perché di certo non son tutti uguali
270gli uomini in guerra — adesso c’è proprio da fare per tutti!
Ben lo potete vedere da voi! Piú nessuno si volga
verso le navi, adesso che avete udito il comando:
anzi, spingetevi innanzi, spronatevi l’uno con l’altro,
se pure Giove Olimpio vi dia, che, respinto l’assalto,
275sino alla loro città possiate incalzare i nemici!».
     Cosí, dinanzi agli altri gridando, eccitava gli Achei.
E come allor, che i fiocchi di neve, in un giorno d’inverno
cadono fitti, quando comincia il saggissimo Giove
a nevicare, se vuole mostrare i suoi strali alle genti,
280che fa sopire i venti, e nevica senza mai tregua,
sin che nasconde i fastigi dei monti, e le vette dei colli,
e del trifoglio i piani fiorenti, e degli uomini i campi;
poi sovra i golfi e le coste del mar che biancheggia s’effonde:
quindi la scaccia il flutto che giunge; ma tutta ravvolta
285ogni altra cosa resta, se cade la neve di Giove:
cosí d’ambe le parti volavano fitti i macigni,
ché ne scagliavano d’ambe le parti, gli Achèi sui Troiani,
questi su quelli; e sul muro tutto era un immenso frastuono.
Né allora Ettore avrebbe fulgente, né seco i Troiani,