Pagina:Iliade (Romagnoli) I.djvu/67

Da Wikisource.
12 ILIADE 260-288

260di me: ch’io son vissuto con uomini piú valorosi
che voi non siete; ed essi pur mai non mi tennero a vile.
Ché tali uomini mai non vidi né penso vedere,
come Pirítoo, come Driante pastore di genti,
come Esadío, Cenèo, Polifèmo, l’uguale dei Numi,
265come Tesèo, figliuolo d’Egèo, ch’era pari ai Celesti.
Fortissimi eran questi fra quante avea genti la terra:
erano questi i piú forti, che guerra facean coi piú forti,
con i Centauri alpestri; e scempio ne fecero orrendo.
E a campo mossi anch’io con essi, venuto da Pilo,
270e anch’io lottai per quanto potevo: pugnare con essi
nessun uomo potrebbe, fra quanti ora vivono al mondo.
E m’ascoltavano essi, non erano sordi ai consigli.
Datemi ascolto anche voi, ché questo è il partito migliore.
Tu non volergli, per quanto sii forte, rapir la fanciulla,
275lasciagli il dono che a lui gli Achivi assegnarono un giorno.
E tu, poi, non volere, Pelíde, lottar col sovrano
a faccia a faccia. Ha diritto, ben piú che niun altri, al rispetto
un re di scettro, a cui die’ Giove la gloria del trono.
Se tu sei tanto forte, se a luce ti diede una Dea,
280questi, poiché piú genti comanda, è di te piú possente.
E tu frena lo sdegno, figliuolo d’Atrèo: te ne prego,
la furia contro Achille deponi: ch’egli è baluardo,
in questa dura guerra, per tutte le genti d’Acaia».
     Ed Agamènnone, il re possente, cosí gli rispose:
285«Sí, le parole ch’ài dette, vegliardo, son sagge parole;
ma primo sopra tutti vuol essere sempre quest’uomo,
vuol comandare a tutti, di tutti vuol esser padrone,
dettare leggi a tutti; ed io non lo vo’ sopportare.