Pagina:Iliade (Romagnoli) I.djvu/76

Da Wikisource.
528-556 CANTO I 21

le chiome ambrosie sopra la fronte immortale del Sire
ecco ondeggiarono; e tutto si scosse l’Olimpo infinito.
     530Preso cosí l’accordo, via mossero entrambi. La Diva
balzò giú da la vetta del fulgido Olimpo nel mare,
alla sua casa Giove tornò. Si levarono tutti
dinanzi al padre loro i Numi; né alcuno rimase
fermo, mentre egli avanzava; ma incontro gli mossero tutti.
535E quivi egli sede’ sul trono. Ma d’Era agli sguardi
non era già sfuggito che Tèti dai piedi d’argento
figlia del Vecchio del mare, avea seco preso gli accordi;
e con parole pungenti, di súbito a Giove si volse:
«Quale dei Numi ha tramato con te, tessitore d’inganni?
540È sempre un gran piacere per te macchinare disegni,
prender partiti di furto, quando io non ci sono: svelarmi
mai di buon grado un motto volesti di ciò che tu pensi».
     E questo a lei rispose dei Numi e degli uomini il padre:
«I miei disegni, no, non sperar di conoscerli tutti,
545Era: benché mia sposa tu sii, ti sarebbero duri.
Quello che lecito è sapere, nessuno dei Numi
prima di te lo saprà, nessuno degli uomini: quello
che stabilire invece voglio io, di nascosto dei Numi,
non dimandare nulla di ciò, non cercar di saperlo».
     550Ed Era dai grandi occhi, rispose con queste parole:
«Quale parola mai, Croníde terribile, hai detta!
Nulla sin qui, purtroppo, t’ho mai dimandato, né chiesto;
e tu mi dici quello che vuoi, senza ch’io ti molesti.
Ma in capo or m’è l’idea venuta che t’abbia sedotto
555Tèti dai pie’ d’argento, la figlia del Vecchio del mare.
Essa l’Olimpo ascese, ti strinse pregando i ginocchi;