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presso pugnando a Pàtroclo, uccise il miglior dei Troiani,
80di Panto il figlio, Euforbo, desister lo fe’ dalla pugna».
     E, cosí detto, il Nume tornò fra il tumulto di guerra.
E grave e fosco invase lo spirito d’Ettore il cruccio.
Volse lo sguardo lungo le schiere, e di súbito scòrse
l’uno, che preda faceva dell’armi; ed il figlio di Xanto,
85che al suol giaceva; e sangue scorrea dall’aperta ferita.
E si lanciò fra i primi, coperto del lucido bronzo,
levando acute grida, che parve una vampa d’Efesto
inestinguibile. E udí l’alte grida il figliuolo d’Atrèo;
e cosí disse, pieno di cruccio, al suo fervido cuore:
90«Misero me! Le belle armi se lascio, se Pàtroclo lascio,
che, per l’onore mio pugnando qui giace, di certo
biasimo a me darà chiunque dei Dànai mi scorga:
se, da pudore vinto, con Ettore io solo combatto,
e coi Troiani, io solo sarò sopraffatto dai molti:
95Ettore, l’elmo crollando, qui tutti conduce i Troiani.
Ma perché mai tali motti mi va favellando il mio cuore?
Contro il voler dei Numi se un uom contro un uomo s’azzuffi,
cui renda onore il Nume, su lui gran cordoglio s’abbatte:
perciò niuno vorrà con me degli Achivi crucciarsi,
100se cedo innanzi al figlio di Priamo, sospinto da un Nume.
Il prode Aiace dove si trova sapere io potessi!
Tornar potremmo, entrambi di nuovo riprender la pugna,
sia pur contro un Celeste, se almeno ad Achille Pelíde
rendessimo la salma! Sarebbe fra i mali il minore».
     105Mentr’ei questi pensieri volgeva nell’alma e nel cuore,
giunser, dal figlio di Priamo guidate, le schiere troiane
Ed egli allora indietro si trasse, lasciando la salma,
spesso volgendosi indietro: parea generoso leone