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170 ILIADE 80-109

80non interromperlo; o ch’egli, per quanto sia sperto, s’impaccia.
Dov’è di molta gente frastuono, ascoltare, parlare,
come si può? Per forte che s’abbia la voce, si perde.
Ora, io vo’ col Pelíde spiegarmi; ma tutti gli Argivi
m’odano anch’essi, quello ch’io dico, ciascuno lo intenda.
85Già molte volte gli Achei m’han fatto lo stesso discorso,
m’hanno lanciato rampogne; ma io non ho colpa di nulla.
Giove ha la colpa, la Parca, l’Erinni che muove nel buio,
che dentro il cuore mio gittarono cieco furore
nell’assemblea, quel giorno ch’io tolsi ad Achille il suo dono.
90Ma io, che far potevo? Ché a tutto pone esito un Nume,
Ate, la figlia maggiore di Giove, che tutti fa ciechi,
la maledetta! I suoi piedi son morbidi; e non su la terra
essa cammina, bensí per le menti degli uomini avanza;
essa danneggia le genti: ché uno irretisce su due;
95essa, persino il figlio di Crono accecò, che il piú saggio
è fra i Celesti, si dice, fra gli uomini tutti. Ed anch’esso,
pure, ingannato fu, d’una donna ai raggiri fu preda,
d’Era, quel dí che Alcmena dovea dar la luce alla forza
d’Ercole, fra le mura di Tebe ch’à serto di torri.
100Egli, con questo vanto parlava fra tutti i Celesti:
— Datemi tutti ascolto, voi Numi, voi Dive d’Olimpo:
ch’io voglio dirvi quello che il cuore mi dice nel petto.
Oggi, alla luce Ilizia datrice di doglie, un mortale
darà, che re sarà dei popoli tutti vicini,
105nato da quella stirpe d’umani che vien dal mio sangue — .
     Ed Era veneranda, maestra d’inganni, rispose:
— Esito non avrà ciò che dici, sarai menzognero.
Giurami invece, o sire d’Olimpo, con giuro solenne,
che re diventerà dei popoli tutti vicini