Pagina:Iliade (Romagnoli) II.djvu/226

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529-558 CANTO XXI 223

«Le porte spalancate, le man’ su tenetevi, pronti
530sin che alla rocca giunga la turba fuggiasca: ché Achille
l’incalza già da presso: ben temo l’estrema rovina.
Quando poi dentro le mura raccolti, riprendano fiato,
súbito allor chiudete di nuovo le solide imposte;
ché quel furente non debba, lo temo, balzar nella rocca».
     535Disse. E dischiusero quelli le porte, levaron le sbarre;
le spalancate imposte mostraron la luce ai fuggiaschi.
E balzò fuori Apollo, per essere schermo ai Troiani.
Questi, diritti verso la rocca e l’eccelsa muraglia,
dal pian fuggivano, arsi di sete, di polvere sozzi.
540E l’incalzava Achille, con l’asta tutto impeto, e fiera
l’ira gli ardeva il cuore, la brama di farne sterminio.
     E qui l’eccelse mura di Troia espugnavan gli Achivi,
se non avesse Apollo sospinto d’Antènore il figlio,
Agenore divino, gagliardo, animoso, onorato.
545Nel cuore il Dio gl’infuse coraggio, e vicino egli stesso
gli stie’, per tener lungi le Parche crudeli di morte:
e a un faggio s’addossò, da fitta caligine cinto.
     E quegli, come Achille mirò che sul muro piombava,
stette; e nel seno il cuore gli ondava con fiero tumulto;
550e, tutto cruccio, cosí nell’animo grande pensava:
«Misero me, se adesso dinanzi ad Achille possente
fuggo, pel tramite stesso che battono gli altri sgomenti,
mi prenderà, la gola mi taglierà, senza contrasto.
Forse, potrei lasciare che innanzi ad Achille Pelíde
555fuggano questi, ed io, lontan dalle mura di Troia,
volgere i piedi veloci di Troia sul pian, sin ch’io giunga
sopra le alture dell’Ida, mi appiatti fra i densi macchioni.
A sera poi, lavate le membra nell’acque del fiume,