Pagina:Iliade (Romagnoli) II.djvu/228

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589-609 CANTO XXI 225

E non fallí la mira: lo stinco di sotto al ginocchio
590colpiva; e lo schiniere di peltro di fresco temprato,
terribilmente squillò; ma senza ferire il Pelíde
il bronzo rimbalzò: ché l’arme del Dio lo schermiva.
Ed a sua volta Achille piombò sopra Agenore prode.
Ma non permise Apollo che spentolo, vanto ne avesse;
595e lo rapí, di fitta caligine cintolo tutto,
e lo mandò securo, lontano alla furia di guerra.
Con un inganno, poi, dalle turbe distolse il Pelíde,
il Nume: tutte assunse le forme d’Agènore, e innanzi
gli stette; e i pie’ veloci rivolse a inseguirlo il Pelíde.
600E l’inseguiva cosí, pei campi feraci di biade.
Dove Scamandro i suoi gorghi volgeva, volgeva la caccia:
lo precorreva Apollo di poco; e con questa sua frode
lo lusingava, ché sempre sperasse di coglierlo al corso.
Ma sbigottiti frattanto giungean gli altri Teucri in frotta,
605con ansia gioia, dentro le mura; e fu piena la rocca
dei fuggitivi; né alcuno restar fuor dei valli sostenne,
per ivi attender gli altri, vedere chi fosse sfuggito,
chi nella zuffa spento; ma trepidi ed ansî, per Ilio
si riversavano quanti scampati ne aveva la fuga.