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250 ILIADE 20-49

20ché adesso io compierò tutto ciò ch’io t’avevo promesso:
ch’Ettore avrei condotto per farlo sbranare dai cani,
che innanzi alla tua pira ben dodici fulgidi figli
d’Ilio sgozzati avrei, pel cruccio che tu fosti ucciso».
     E, cosí detto, pensò contro Ettore sconcio un oltraggio:
25ché presso il letto dove giaceva il figliuol di Menezio,
prono lo trascinò nella polvere. Intanto, ciascuno
spogliava l’armi belle, scioglieva i cavalli annitrenti.
Presso alle navi poi sedêr del veloce Pelíde,
innumerevoli; e quello, per tutti apprestava il banchetto
30lauto. Candidi buoi muggivan, trafitti dal ferro,
sgozzati, e molte capre belanti, con pecore molte;
e molti bianchi porci, di carne fiorenti, di grasso,
ardean sopra la vampa d’Efesto: d’intorno all’ucciso
tanto sangue scorrea, che coi calici attinto l’avresti.
35Quindi i signori Achivi condussero al figlio d’Atrèo
il figlio di Pelèo, signore dai piedi veloci;
e lo suasero a stento, tanto era crucciato il suo cuore.
Giunti che furono poi d’Agamènnone presso alla tenda,
ordine súbito qui fu dato agli araldi canori
40che sopra il fuoco ponessero un tripode grande, se Achille
dalla lordura del sangue deterger volesse le membra.
Ma quegli ricusò duramente, ed aggiunse anche un giuro:
«No, per la fe’ di Giove, ch’è primo e supremo fra i Numi,
giusto non è che all’acqua s’appressi il mio corpo e si lavi,
45prima che Pàtroclo io ponga sul rogo, ed un tumulo gli alzi,
e mi recida la chioma: perché tanto grave dolore
mai piú crucciarmi il cuore potrà, sin ch’io resti fra i vivi.
Andiamo, via, per ora ci accolga la mensa aborrita.
Domani, poi, signore di genti Agamènnone, all’alba