Pagina:Iliade (Romagnoli) II.djvu/278

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768-797 CANTO XXIII 275

Ma quando erano già per compiere l’ultimo giro,
una preghiera Ulisse rivolse dal cuore ad Atena:
770«Odimi, o Diva: infondi, benigna, vigore ai miei piedi».
     Cosí disse pregando. L’udí l’occhicerula Diva,
e rese a lui leggere le membra, le mani ed i piedi.
E quando erano già vicini a raggiungere i premii,
Aiace sdrucciolò, ché inciampo la Diva gli pose,
775dov’era in terra sparso lo sterco dei bovi muggenti,
che aveva quivi uccisi per Pàtroclo Achille divino.
Quivi di fimo di bove la bocca s’empie’, le narici;
ed il cratère Ulisse divino tenace si prese,
ché primo giunse. Aiace fulgente si prese il giovenco.
780E stette, un corno in pugno del bove selvaggio stringendo,
sputando il fimo; e queste parole rivolse agli Achivi:
«Ahimè, ché inciampo ai piedi mi pose la Diva, che sempre
come una madre ad Ulisse sta presso, e gli porge soccorso!»
Disse; e soave riso volò su le bocche di tutti.
     785Poscia Antíloco venne, ché l’ultimo premio fu suo;
e rise, e queste volse parole ai guerrieri d’Acaia:
«Vi posso dire, amici, sebbene già voi lo sapete,
che sogliono i Celesti proteggere gli uomini anziani.
Aiace è di pochi anni soltanto di me piú maturo;
790ma questi è d’un’età già trascorsa, di gente piú antica:
lo chiamano vecchiotto rubizzo; ma vincerlo al corso
è prova molto dura per tutti gli Achei, tranne Achille».
     Cosí diceva, glorificando il veloce Pelíde.
E a lui rispose Achille, gli volse cosí la parola:
795«Non sarà detto che tu lodato m’avrai senza premio:
mezzo talento d’oro per giunta tu, Antíloco, avrai».
E, sí dicendo, a lui lo diede; ed ei lieto l’accolse.