Pagina:Iliade (Romagnoli) II.djvu/296

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290-319 CANTO XXIV 293

290ch’abita l’Ida, e Troia col guardo suo dòmina tutta,
e chiedi a lui che, pronto messaggio, egli l’aquila mandi,
ch’è prediletta da lui, fra tutti i pennuti il piú forte,
e che da destra la invii, ché bene tu possa vederla,
e, confidando in lui, raggiunga le navi d’Acaia.
295Ché poi, se non vorrà l’auspicio accordarti il Croníde,
davvero io non potrei consigliare che tu t’avviassi
verso le navi argive, per brama che tu possa averne».
     E a lei Priamo cosí, che un Nume sembrava, rispose:
«Al tuo consiglio, o donna, restio non voglio essere: a Giove
300le mani alzare è bene, ch’egli abbia di me compassione».
     Alla dispensïera, ciò detto, diede ordine il vecchio
ch’acqua purissima sopra le mani versasse. Ed apparve
presto l’ancella, e in mano reggeva un catino e una brocca.
E Príamo si lavò, poi chiese alla sposa la coppa,
305e, stando in mezzo all’atrio, al cielo volgendo lo sguardo,
libò purpureo vino, le labbra alla prece dischiuse:
«O Giove re, signore dell’Ida possente ed illustre,
fa che ad Achille io giunga diletto, e a pietà lo commuova;
e a me l’aquila manda, veloce messaggio, diletto
310a te su quanti sono pennuti, e fra tutti il piú forte,
e mandalo da destra, ché bene io lo possa vedere,
e, confidando in lui, raggiunga le navi d’Acaia».
     Cosí dicea pregando. L’udí l’alto senno di Giove,
e l’aquila mandò, perfetta fra tutti gli alati,
315la cacciatrice, bruna di penne, cui chiamano fosca.
Quanto è grande la porta di duplice imposta, ben chiusa,
del talamo dall’alto soffitto d’un uomo opulento,
tanto eran grandi l’ali da un lato e dall’altro. Ed apparve
lanciandosi da destra sopra Ilio. Gioírono tutti,