nella battaglia tremenda: ché gli uomini orrore trattiene. 380Ettore, poi, dal suo lato schierava i guerrieri di Troia.
E allor, la piú tremenda guidaron tenzone di guerra,
il Dio dai crini azzurri Posídone, ed Ettore illustre,
l’un dei Troiani, l’altro pugnando a favor degli Argivi.
Ed estuando, il mare batteva i navigli e le tende 385d’Argo. E piombarono gli uni sugli altri, con grande frastuono.
Né tanto ulula il flutto del mare, battendo alle coste,
quando si leva dal ponto, pel soffio molesto di Bora,
grande non è cosí la romba d’un fuoco che arde
nelle convalli d’un monte, se avvampa a bruciare una selva, 390né tanto grida il vento d’intorno all’altissime chiome
di querci, allor che piú romoreggia con orrida furia,
quanta era allor la voce degli uomini d’Argo e di Troia,
quando con orride grida piombarono gli uni sugli altri.
Ettore primo l’asta vibrò contro Aiace, che vòlto 395a lui s’era di fronte; né il colpo fallí, ma lo giunse
sul petto, ove i due bàltei distesi eran l’uno su l’altro,
l’un dello scudo, l’altro del brando dai chiovi d’argento.
Schermo alla tenera pelle gli furono quelli; ma cruccio
Ettore invase, ché vana dal pugno gli uscí la zagaglia, 400e fra le schiere dei suoi si ritrasse, schivando la morte.
Ma di Telàmone il figlio, mentre egli cedeva, un macigno
tolse, di quelli, che sparsi, giacean delle navi a puntello,
dei combattenti al piede; lo alzò, lo vibrò, sopra, l’orlo
lo giunse dello scudo, nel petto, a la base del collo, 405come un palèo lo scosse, lo fe’ barcollar d’ogni parte.
Come sottesso il colpo di Giove giú piomba una quercia
dalle radici, e da lei s’effonde un odore di zolfo
orrido; e a chi da presso lo vede, non regge il coraggio,