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469-498 CANTO XIV 51

traeva ai piedi. E un vanto levò, con grande urlo, Acamante:
470«Millantatori Argivi, non mai di minacce satolli,
non tocca a noi soltanto la pena ed il pianto di guerra,
ma qualche volta anche voi dovete cadere trafitti.
Vedete come dorme, ché l’ha questa lancia atterrato,
Pròmaco vostro, perché non tardi la debita ammenda
475al fratel mio: ché appunto per questo, desidera un uomo
che resti alcuno in casa: per far di sua morte vendetta».
     Disse. E gli Argivi a quel vanto s’intesero tutti crucciati.
Ma piú d’ogni altro s’intese Penèleo sconvolgere il cuore,
e si lanciò su Acamante. Né attese costui la sua furia.
480Ilïonèo fu invece colpito, figliuol di Forbante,
ricco di molte greggi. Ermète, su tutti i Troiani
l’amava; e piú che a tutti gli avea conceduto ricchezze:
Ilionèo, la sposa gli diede, non altri figliuoli.
Penèleo lo ferí sotto il ciglio, nel cavo dell’occhio,
485e gli sgusciò la pupilla; e, l’occhio forando, la punta
passò fuor dalla nuca. Giú cadde seduto il ferito,
tendendo ambe le braccia. Penèlëo trasse la spada,
un colpo gli vibrò nel mezzo del collo, e la testa
recise, via con l’elmo; nell’occhio, la solida lancia
490era tuttora infissa. A mo’ d’un papavero, il capo
ei sollevò, lo mostrò, con simile vanto, ai Troiani:
«Da parte mia, Troiani, al padre e alla madre del vago
Ilïonèo, recate l’annuncio che piangano il figlio:
poi che neppure la sposa di Pròmaco, Alegenoríde,
495s’allegrerà dello sposo, che torni quel dí che da Troia
ritorneranno sopra le navi i figliuoli d’Acaia!».
     Cosí diceva, e tutti da un tremito furono invasi;
e ognun cercava dove potesse fuggire la morte.