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348-377 CANTO XVI 95

gli occhi; e fuor sangue soffiò dalle nari e la bocca dischiusa.
E sopra lui s’effuse di morte la nuvola negra.
     350Cosí spensero i duci dei Dànai ciascuno un guerriero.
E come sopra agnelli si gittano lupi rapaci
o su capretti, se lungi li colgon dal gregge, sbandati,
ché li neglesse il pastore pei monti: li vedono appena,
e già sopra gl’imbelli son corsi a sbranarli: del pari
355sopra i Troiani i Dànai piombarono; e quelli sgomento
ebbero solo in cuore, niun seppe resistere all’urto.
     E il grande Aiace, sempre contro Ettore armato di bronzo
vibrar cercava il colpo. Ma quegli, da esperto guerriero,
sempre le larghe spalle copría con lo scudo di cuoio,
360dei giavellotti la romba schivando, e la furia dei dardi.
Ben la vittoria vedeva rivolgersi adesso ai nemici;
ma, pur cosí, reggeva, schermiva i diletti compagni.
Come allorché dall’Olimpo s’avanza pel cielo una nube
dall’ètra, quando Giove addensa una furia di vento:
365tale il tumulto fu, la fuga fu tal dalle navi.
Né piú varcâr la fossa per ordine. Ed Ettore, lungi
iva con l’armi, via tratto dai pronti corsieri; e le turbe
lasciò, che, lor malgrado teneva la fossa profonda.
E nella fossa, molti veloci robusti corsieri,
370presso al timone rotti lasciarono i carri di guerra.
Pàtroclo gl’incalzava, gagliardo, ed a loro rovina
spingeva i suoi. Fuggíano con alto clamore i Troiani
tutti, poiché fûr dispersi, empievan le strade; ed un nembo
s’ergèa, sino alle nuvole effuso; e i veloci corsieri
375via dalle navi e le tende correvano verso la rocca.
E Pàtroclo, ove piú vedeva la gente in tumulto,
quivi correva urlando: sottesse le ruote, i guerrieri