Pagina:Imbriani - Dio ne scampi dagli Orsenigo, Roma, Sommaruga, 1883.djvu/102

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92 Dio ne scampi

Piace a tutti, piace a’ mici, piace a’ micci l’esser lisciati, grattati, accarezzati e non piacerebbe ad un uomo? Massime, poi, quando la lisciatrice, la grattatrice è donna? e donna leggiadra, giovane, patita: un boccone ghiotto e prelibato? Quando si può parlare, con lei, di cose, che si negherebbero a tutti gli altri? quando si ha un segreto comune? Chi fosse di gesso! Ma come potrebbe darsi, che un capitanaccio di cavalleria Italiano, rinnovasse le ritrosie del casto Giuseppe e d’Ermafrodito verso la Putifarre o la Salmace? che s’arretrasse da chi gli dice o dà ad intendere: - «Io t’amo, e son disposta esser tua ferma preda?» - per adoperare un bel verso di Baldassarre Olimpio degli Alessandri da Sassoferrato, poetucolo del cinquecento, che Vossignoria, lettore, non avrà, mai, inteso nominare, ch’io creda.

La Radegonda, se non gliel disse, gliel diede ad intendere. Lo amava, davvero davvero, oltre ogni dire. E quel riveder Maurizio e quel trattar Maurizio, onde male avea sperato appagamento del desiderio suo, valeva, solo, a rinfocolarlo ed attizzarlo, come ogni altra più maliziosa avrebbe saputo o sospettato, da prima. Il Della Morte non era sprovvisto di mancanze, di mende, di difetti, di tare; non era, certo, uomo di gran levatura; l’ingegno suo non aveva