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132 Dio ne scampi

sempre più! Talvolta, l’avresti detto un bue assillato:

Che non v’ha pena, a sopportar, più grave,
Che l’aver donna, quando a noja s’have.

— «È proprio il caso de’ pifferi di montagna!» — così pensava lui. — «Sono andato, per sonare; ed il Salmojraghi m’ha sonato. Io non so ben ridir, com’io v’entrai, ma sono nel gineprajo. M’è accaduto, come a chi s’inoltra in un labirinto: fissa una cima d’albero, che deve servirgli di ritrovo, per tornare su’ propri passi; ma più s’inoltra e più s’imbroglia; e la precauzione è stata vana. Questa donna m’ama a morte; checchè faccia, non giungerò a demeritarne l’affetto mortifero. Bisogna dire, che, sin da Napoli, m’avesse giurato odio concentrato: lì, si manifestò, in un modo; adesso, si rivela, in un altro. Preferisco il modo di prima: l’odio aperto, che mi rapiva l’amante. C’era rimedio! Ma quest’odio amoroso, quest’odio, che si manifesta, coll’abbarbicarmisi, come l’ellera agli alberi delle Cascine, non ammette riparo! Come l’ellera agli alberi? come il boa al bue! Non c’è via di guarentirsene. Ah gli amori d’un tempo, con la lieta prospettiva di sbrigarsene presto! Eccomi legato. Ma se crede, costei, che intenda farmi