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152 Dio ne scampi


XVIII.


Un giorno, giunsero due o tre dispacci telegrafici, da Napoli, al Della-Morte. E bisogna dire, ch’e’ li aspettasse, giacchè rimase in casa, tutto il giorno, preoccupato, uscendo, solo, quando ne riceveva uno, per andarne, sino al palazzo Riccardi, al telegrafo, e rispondervi.

La signora si perturbò di questa corrispondenza; ma egli aveva il viso tanto burbero, mamma mia! che nessuno avrebbe osato fargli domanda alcuna. Finalmente, verso sera, dopo un ultimo telegramma, (che lesse, con dispetto, e gettò lacerato, in un cantuccio) Maurizio, a lagnarsi, che il pranzo non fosse, anco, pronto; e dicendo, che desinerebbe al Doney, uscì, tutto impensierito ed annuvolato. La Radegonda corse, a raccattare il telegramma malconcio. Ravvicinati, con molto studio, i brandelli, così da poter leggere il testo, vide, con somma sua gioja, che non era spedito dall’Almerinda, che non vi si trattava di lei. E questo le fu gioja, e pace. Giacchè (bisogna, pur, dirlo) era gelosa, sempre, di quella memoria; paurosa, che non risorgesse vittrice, nella mente dell’amico suo.