Pagina:Imbriani - Dio ne scampi dagli Orsenigo, Roma, Sommaruga, 1883.djvu/164

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154 Dio ne scampi

chiere non le aveva, lì, in casa; prese i titoli e promise di farle ricapitare il denaro, nella giornata seguente, anzi di buon’ora.

Lasciato il banchiere, la Radegonda s’incamminò, a piedi, verso Via Nazionale, dove tornava, con la veletta calata sul volto; quando, tutt’a un tratto, in Via Cerretani, un suono di voci, troppo a lei note, la fece trasalir tutta. Innanzi a lei, camminava un signore, dando di braccio ad una signora; e non le bisognò più d’un’occhiata, per ravvisare la signora Almerinda Ruglia-Scielzo ed il proprio marito, signor Gabrio Salmojraghi. Fermò, subito, il passo, per frapporre maggior distanza, fra la coppia importuna e sè; e, poi, mutando strada, tornò, rapidamente, a casa, trafelata, indispettita, gelosa. Come, mai, que’ due, lì? insieme? Cosa volevano? Che avessero concluso una lega offensiva e difensiva, per toglierle il suo Maurizio? A lei, pareva di averlo comperato, caro, abbastanza, perchè, ormai, glielo lasciassero, in santa pace e senza contrasto di sorta. Ella era pronta, a sottostare, a qualunque condizione, purchè le si lasciasse quel possesso indisputato. Sottostava a’ maltrattamenti; si rassegnava, a non vederlo, se non poco e fosco, come il giuoco gliel concedeva. Volete di più? Ebbene, sì, avrebbe permesso, tollerato, anche,