gliuolo più della luce
degli occhi, e, se ho a dirla, del debito. Vederselo vicino
l’era unica gioja nell’austera vedovanza, unico desiderio
nella onesta vecchiaja, che conchiudeva una vita operosa
e sacrificata. Eppure, quell’affetto, pieno di disinteresse
e d’abnegazione, temeva tanto di rendersi importuno,
temeva tanto d’impedire, col soddisfarsi, qualche capriccio
o qualche piacere del figliuolo, non foss’altro col
ritegno, che il coabitare con la madre impone, sempre;
ch’ella era stata prima a suggerirgli di prendere un quartiere
separato: - «Staresti troppo lontano dalla caserma,
qui. Con la caserma a San Pasquale a Chiaja, sarebbe
d’incomodo serio per te, per l’ordinanza, l’abitare al
Corpo di Napoli. Massime, che non ci abbiamo scuderia;
e ti dovresti separare da’ cavalli... No! Non voglio
pretender questo sacrifizio; sarebbe egoismo. No, caro
figliuol mio, io non posso comperare, col danno tuo, la
soddisfazione d’averti meco. Vientene a vedermi, spesso,
questo sì; vieni, sempre che le tue occupazioni ti lasciano
un po’ di libertà. Ed anch’io verrò, spesso, a sorvegliare
se tutto cammina in regola a casa tua. Così,
pure, avrò un’occasione di far quattro passi, senza la
quale non uscirei; e, sai? il medico mi raccomanda, sempre,
moto, moto, moto!» -