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Ruggiero, ei per benemerenza speciale confermò agli abitanti le antiche loro leggi e consuetudini municipali, non che il privilegio di coniare la propria moneta siccome per l’addietro, conservando altresì a quest’antica Signoria l’onore e ’l titolo di Ducato.
Tale concessione di continuar a monetare data da Ruggiero agli Amalfitani fu certamente del tutto larga e peculiare; ed ei seppe poi mantenerla, non ostante che nell’Assemblea da lui tenuta in Ariano (1140) avesse sotto severe pene proibito di spendere nel regno le monete appellate romesine, ed in vece ivi introdotti i nuovi ducati e le monete erose1. Certo è che fin allora nessuna legge avea obbligato i particolari a conteggiare, come dicemmo dinanzi, con una o con un’altra moneta nazionale o straniera. Sotto la dominazione sveva di Sicilia, i tarì di Amalfi seguitarono ad esser battuti sino all’anno 1221 in cui il sincrono cronista di S. Germano scrivea: Tarèni novi cuduntur Amalfiae. Imperciocché lo stesso cronista nell’anno seguente soggiunse che l’imperator Federico II (allor regnando) aboliti i tarì di Amalfi, prescrisse ciascuna merce vendersi coi nuovi denari di Brindisi secondo l’arbitrio di sei probi uomini2. Ma quali fossero per avventura queste nuove monete di Brindisi è malagevole il chiarire. Né tampoco riesce facile il conoscere quale fosse stato il valore de’ tarì amalfitani sotto