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Don Luigi si rivolge per rimproverare il canonico e me, fermi dinnanzi l’osteria, minaccia col bastone ferrato Peterella che ci versa il vino, e prosegue per la strada assolata lasciando indietro noi e Ganda.
Al primo svolto lo perdiamo di vista. Non perdiamo però il buon umore, beviamo con calma e riprendiamo la via con l’intenzione di raggiungerlo: attraversiamo così Vetto, Tornadri, ci spingiamo fuori verso la salita della Lua fino alla fontana, ma il curato è invisibile.
Dove s’è messo?
Innanzi no, perchè, dalla posizione raggiunta, vediamo il sentiero libero fino al primo capitello, indietro pare impossibile poichè ci precedeva.
Dove dunque?
Si è semplicemente nascosto per farci pagare il fio della nostra disubbidienza.
“Guai a chi beve vino in istrada!” aveva detto prima di uscire dal presbiterio, e noi, con serietà comica, avevamo promesso per non mantenere.
Siamo così costretti ad aspettarlo e quando mezz’ora dopo, lo vediamo apparire in fondo al sentiero, non possiamo neppure risentirci; egli: ha mille ragioni.
Si tira innanzi fino al capitello, si riposa, e poi su, per la salita, adagio adagio, sotto il sole del pomeriggio che dardeggia le nostre spalle e ci abbrucia la pelle delle mani, del collo, del viso.
Veniamo raggiunti da un guardiaboschi secco e segaligno, che accompagna un suo ragazzo e si