Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
– 55 – |
dopo di esse, invece, passano le acque dei fiumi d’Inghilterra, d’America, di quasi tutto il globo, che raccontano le glorie dei loro popoli: il mare sa tutta la storia del mondo e la canta.
Così i due morti comprendono che la civiltà, passata dall’Asia all’Europa, dall’Europa all’America, come chiamata da una nostalgia indefinita, vorrebbe correre
|
Ma, nel passaggio, viene afferrata dai Giapponesi, che la spingono verso la Siberia, non per iscopo di conquista, ma, per il bene della umanità, per un fine di rigenerazione e d’amore.
Il giapponese in questo lavoro appare forse troppo glorificato; ma, dopo le sue vittorie terrestri e navali, la sua tattica ed il suo eroismo, non può che essere così: noi abbiamo bisogno di cose grandi, anche se tristi come la guerra, poichè esse scuotono l’animo nostro e l’organismo dalla solita vita, che par chiusa dentro un’urna fredda di marmo.
E il lavoro mio, non per vanto, intendiamoci, scosse i pittori; così che, uno d’essi, levandosi, avendo per soverchia irrequietezza e bellicosità, perduto l’equilibrio, andò proprio a sedersi nel paiolo, dove, un momento prima, era stata messa l’acqua freddissima di Felleria.
“Non m’era ricordato di bagnarla in pezza!” commentò il pittore milanese che poco prima s’era aggiustato i calzoni.