Pagina:In faccia al destino Adolfo Albertazzi.djvu/139

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andrà. Capisce? Il babbo non deve saperlo; almeno per ora....

C’era tanta sicurezza, franchezza e sincerità nelle sue parole! Tanta ingenuità! Ed io, che potevo far io se non sforzarmi a dissimulare, a mentire?

— E se tornasse? — domandai, comprimendomi dentro il peso dell’infingimento in cui mi avvilivo. — Potrei io desiderarti un giorno, se tornasse, sposo più degno?

Allora essa volse in burla la domanda patetica.

— Oh no! Un buon giovane! un bravo giovane! un bel giovane!... Che partito invidiabile! Tornare, chi sa di dove, a Valdigorgo per sposar me! E quanti confetti! ma pare di vederli, di mangiarli!

— Io non scherzo!

— Io sì.

Ella aveva assunto qualche cosa della mia amara ironia. Ma diceva la verità.... E che bene mi voleva!

Rasserenata, proseguiva:

— Lei, quando è di cattivo umore, va a cercare con la lanterna tutte le ragioni per far inquietare anche me. Basta! basta! non ne parliamo più! Le perdòno. E che ne dice di Roveni? Andarsene; lasciare il babbo.... Me ne dispiace molto per il babbo. Per me, stia pur certo Roveni che non piangerò quando partirà. Avrò dispiacere, ma piangere!... Anna piangerà; che ne è innamorata cotta!

Era sincera. Ella non amava Roveni e voleva un gran bene a me. Ma a me tanto bene non bastava più!