Pagina:In faccia al destino Adolfo Albertazzi.djvu/168

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in me un bene libero da quella esperienza materiale e torbida!

Ed ecco un altro tormento. In me, ora un involontario contatto della persona con Ortensia, sedendo vicini o passeggiando, o l’abbandono innocente e confidente della sua mano alla mia, che non la ricercava, destava un sospetto oscuro, improvviso, infrenabile, rapido come un brivido: nel mio sangue, non nella mente.

Il mio pensiero ripugnava da quella istintiva concitazione sensuale, mentre io la vedevo e la sentivo così fervida e giovine. La guardavo fisso, con un timore doloroso. E lei diceva:

— Perchè mi guarda così?

Alla dimanda, mi si allargava il cuore, perchè non scorgevo ne’ suoi occhi nemmeno l’ombra di quel mio sospetto; perchè il suo sguardo mi cadeva limpido nell’anima quasi a purificarla subito; perchè rivelandosi ignara, fin nella voce, dei motivo che io aveva avuto a guardarla così, essa non attendeva risposta nè mostrava dubitare d’altro motivo che non fosse un affettuoso e semplice indizio di tenerezza....

Ma il più lieve contatto d’altri, o un altro sguardo, avrebbe potuto proporle e insinuarle il desiderio; una differente stretta di mano avrebbe potuto darle la sensuale commozione che non le davo io.... E un altro la contaminerebbe!

In confronto a questa infamia — era un medico che la chiamava un’infamia! — sembrava cessare ogni colpa nel mio amore nobile e puro; e mi dicevo che se Ortensia mi amava, mi amava allo stesso modo di me, nè proverebbe mai voluttà più grande....

....Mi amava?