Pagina:In faccia al destino Adolfo Albertazzi.djvu/223

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IV.


Con che accorata nostalgia durante l’estate che m’ero condannato a trascorrere in terra straniera, ripensavo ai luoghi più grati alla mia memoria! Le fresche acque correnti ai lati delle vie; il Gorgo spumeggiante ai ponte del Crocifisso; l’erta e ombrosa strada di Paviglio; il colle boscoso dell’antico convento; la chiostra dei monti a sfondo del cielo nitido, quale era a riguardarla dal giardino fiorito della villa....; oh dolci e tristi visioni nella memoria dell’esule! E che amarezza rammentando ogni giorno le ore belle degli stessi giorni dell’anno innanzi; le ore passate con lei! Nulla più di meschino, di puerile, in quel mio passato: la lontananza di luogo e di tempo imponeva alla ricordanza tanta poesia! Provavo il compiacimento come di un’arrendevolezza generosa e gioiosa ripensando anche alla pazienza con cui consentivo ai giochi di Mino e Com’egli mi trattava da pari a pari, mi comandava saldo in gambe, impettito nel grembialone quasi in una corazza, con le braccia dimenate a misura dei passi; e il cappello di carta, e lo schioppo in ispalla.

Nè egli, Mino, si dimenticava degli amici, sebbene fosse divenuto un letterato.

          Caro amico,

Come è bello quel bastimento a vapore che mi ai mandato, tutto il giorno io mi bagno nel fosso della lavandaia e faccio ràbiare un poco la mamma ma voglio fare il marinaio.