Pagina:In faccia al destino Adolfo Albertazzi.djvu/245

Da Wikisource.

— 243 —

cerone!... Qui vicino a me, a scaldarsi! Senza complimenti!

— Si scaldi! — diceva, la moglie. — Si metta a sedere.... Su, della legna, Innocenzo!

E il signor Innocenzo, ancora imperfettamente mascherato ma di nuovo col cappello in testa:

— Perchè non è venuto un po’ prima? Avrebbe desinato con noi; alla buona...., si sa, da montanari.... come siamo.

— Redegonda! Presto!... qualche cosa al signor Sivori, al signor dottore!

— Che cosa? — Ella correva intorno alla tavola, avanzava, retrocedeva domandandomi:

— Caffé? cioccolata? latte? cognac? un zabaglione? Le faccio un zabaglione? un vino brulè? un punch?

— Moscato bianco! — urlò il sindaco. — Il mio moscato bianco, che riscalda le budella: riservato per gli amici!

Quindi, dopo avermi lasciato un po’ schermire:

— Lei non era a Vienna? Che c’è di bello a Vienna?

— A Berlino, vorrete dire! Era a Berlino! — correggeva la signora Redegonda, mentre usciva per la bottiglia e qualche altra cosa.

Sì, venivo da Berlino; ma già m’ero fermato a Milano....

A queste parole la Learchi ristette sulla soglia, con la bocca ridente e gli occhi sbigottiti, e tornò indietro quasi per soccorrermi.

— L’ha visto? Li ha visti? — Sopprimendo i nomi sperò di attutir lo sdegno che prevedeva.

Infatti il signor Innocenzo le volse due occhi rabidi:

— Eh! Aveva obbligo di vederli?