Pagina:In faccia al destino Adolfo Albertazzi.djvu/278

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disegno, fumando un sigaro virginia, con l’aria di chi s’adatta a stento a ricevere un importuno o un inferiore.

Non aveva pronunziata che una parola: «avanti!», quando io, di fronte a lui, fermo, fissandolo, dissi senza preamboli:

— Moser è scappato...

Alla notizia, mi accorsi che egli non rimase padrone di sè quale voleva parere, e lo sforzo che sosteneva per sembrar tranquillo fu manifesto a un istantaneo abbassar dello sguardo.

Pensò senza dubbio che se Moser era fuggito, Ortensia, non avendo più da temere denuncia o processo per il padre, gli sfuggiva.

Io gli Chiesi:

— La notizia vi meraviglia?

Allora i suoi tocchi bianchi tornarono su di me; con la sinistra s’affilò l’uno dei baffi e disse a mezza voce, laffettando incuranza.

— Peggio per lui se è scappato!

— No! peggio per voi! — Mi sentivo superiore io poichè la sua voce era stata malferma; e volevo tagliar corto. — Peggio per voi!

E aggiunsi nello stesso tono: — Io so perchè Moser è fuggito come un ladro! so che la colpa è vostra!

Roveni rise sguaiataniente deponendo lo sigaro su la tavola e incrociando le braccia; ma la risata cessò d’un tratto, del tutto; anche nell’ironia non serbava sorriso. Poi disse:

— Benone! Se Moser è fuggito come un ladro la colpa è mia! E se domani s’imparerà che si è ammazzato, sarò io l’assassino che l’avrà ammazzato!

— A questo punto? — io gridai. — Così, con