Pagina:In faccia al destino Adolfo Albertazzi.djvu/290

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con perspicue sembianze di dolore. Mia madre ancora giovine, pallida, sorridendo di quel sorriso che nessun volto mai ebbe per me, e quale mi guardava allorchè io, ragazzo, ero malato; mio padre con quei suoi occhi pieni di bontà e il capo un po’ chino, come sotto un peso di sventura. L’impressione che n’ebbi mi fece dubitare di rimanerne troppo a lungo commosso. Forse...., di là...., mio padre e mia madre attendevano, così, il mio destino incerto anche per essi?

«Chi sa quali sorprese ci prepara la morte?»

Ma, di ritorno, gli amici apparvero visibilmente malcontenti nello stesso modo e nella stessa misura, non so se più di me o di Roveni. Mentre il giornalista mi sogguardava ripulendo gli occhiali col fazzoletto, il rigido ufficiale parlò:

— L’ingegner Roveni s’è trincerato dietro l’articolo 151.

— Che articolo?

— «Si respinge la sfida dell’offensore che ha provocato ed offeso senza giusto motivo».

— Senza giusto motivo?

Era il colmo della sfrontatezza!

— Lo sfidato — riferì il capitano con l’attitudine di chi cita un nobile esempio — ha ascoltato le nostre comunicazioni senza commento; solo, ha preso il codice Gelli e ha indicato l’articolo 151 dicendo: «Ecco la mia risposta».

— Io però — disse il giornalista — son uscito dalla prammatica che obbliga i padrini a non discutere e ho avvisato quel signore che si pubblicherebbe il verbale. E lui: «Risponderò pubblicamente, se il dottor Sivori vorrà lo scandalo!» E io: C’è poco da rispondere! E lui: «Mi basterà dire ciò che potrò provare: che l’in-