Pagina:In faccia al destino Adolfo Albertazzi.djvu/342

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— Sono mutata: è vero; ma non solo con voi, con tutti! Vi guardo così, come dite, perchè vi temo.

— Che male...? — Volevo dire che male potevo farle ancora.

M’interruppe:

— Vi temo perchè v’Illudete e la vostra illusione ci renderà più infelici tutti e due. Sì: non ci comprendiamo più. V’illudete! Credete che io possa tornare quella di una volta.... È impossibile! Riflettiamo, Sivori: che ero io una volta? Sciocca, ero. Dopo che la mamma fu guarita — vi ricordate? — mi poneva che avessero creato il mondo apposta per me, per la mia felicità. Quella mia spensieratezza, quella mia gaiezza vi fece vedere in me una ragazza diversa dalle altre.... Ma v’ingannaste: ero una cervellina come tante altre. Solo, avevo molto cuore. Voi mi attribuiste più intelligenza di quella che avevo e non conosceste il cuore che avevo: da qui tutto il male.

— Ah no! Se non avessi conosciuto il tuo cuore non avrei sofferto tanto; non ti avrei amata così! Tutto il male fu nel mio amore che non seppi nascondere; questa fu la mia colpa! Ma l’ho scontata.... Ortensia, Ortensia! Quanto soffrire! Se io fossi stato più forte, se non ti avessi indotta ad amarmi, la passione non avrebbe fatto cattivo un uomo che forse non era cattivo; non dovrei incolparmi della rovina di tuo padre....

— Non è vero....

— ....e tu forse.... — almeno io lo desiderai allontanandomi da te.... — tu saresti stata felice!

Ella appuntò l’indice della sinistra verso i miei occhi.