Pagina:In faccia al destino Adolfo Albertazzi.djvu/380

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fiera e cosciente della sua fierezza: — Non ho letto altro! Ho stracciato...; non ho voluto un nuovo rimorso. Il solo rimorso che mi resta sai quale è? Quello d’aver ascoltato il giuramento che tu mi facesti a Molinella. Per me doveva essere inutile!

— Io, io, — esclamai — non avrei dovuto giurare quel che non è dubbio: che il sole passa sul fango e non s’imbratta! La virtù di tua madre è limpida come il sole! Ma io cercavo il momento di prevenire l’ultimo colpo, che mi aspettavo, che è venuto; io cercavo, piuttosto che difendermi, difenderti da, una nuova offesa....

— Povero Carlo, avesti ragione: ma adesso siamo tranquilli per sempre. Nessuna ombra turberà più la nostra felicità!

Oh nel dirmi questo che luce Ortensia aveva negli occhi!... Eppure libero da ogni dubbio, io aveva tuttavia bisogno di schiarirmi l’azione di Roveni.

Aveva potuto credere che in tanti mesi non avessi preso alcuna precauzione contro la tua vendetta? Rispondevo ch’egli era convinto che io fossi stato l’amante di Eugenia. E la sola precauzione di sicura efficacia che io avrei potuto prendere sarebbe stata appunto quella di predisporre Ortensia a respingere l’odiosa accusa assicurandola con un giuramento. E Roveni non mi credeva uomo da giurare il falso. Dunque sperava certo l’effetto da lui sperato nella lettera di Anna.

Ma Roveni non avrebbe dovuto prevedere che Ortensia straccerebbe la lettera accusatrice? No — mi rispondevo — Roveni sa che Ortensia è fiera e forte. Chi è fiero e forte straccia prima di leggerla un’anonima; non la lettera di un nemico. — E infatti Ortensia aveva letto quanto a parer di lui sarebbe bastato al suo fine.