Pagina:Intorno alla vita ed alle opere del Commendatore Luigi Pichler, incisore di gemme, commentario storico dei C.G. Barluzzi (IA intornoallavitae00barl).pdf/13

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crudel morbo onde fu tratto al sepolcro, pur egli ne rimanesse preso. Appena dal dolore di tanta perdita e dalle conseguenze della infermità si riebbe tornò come suo unico conforto al disegnare e al modellare; e potendo anco di queste due arti dirsi con Flacco «Alterius sic altera poscit opem res et conjurat amice» così ne andava egli in pari tempo a studiare sui capolavori raccolti nel Vaticano, nel Campidoglio e nella villa Albani.

Sul declinare del 1795 il desiderio che accendevalo di conoscere i monumenti di belle arti anco oltremonti, e il bisogno d’interrompere un’applicazione, che forse alla sanità di lui avrebbe potuto recar nocumento, il condussero in Vienna, ove a motivo delle politiche vicende dovè protrarre la sua dimora, assai più di quello che avesse in animo, e sostare eziandio in Moravia. Luigi però non voleva né poteva rimanersi inoperoso, sì che in quella capitale riprodusse in cammeo la contessa Schönborn, e vagamente eseguì una Venere, ed un Amore che abbraccia l’anima simboleggiata dalla farfalla, concetti entrambi di sua propria invenzione.

Quantunque nel 1797, in cui Luigi si fu ritornato alla patria ed ai congiunti, sopraggiugnessero tempi assai difficili e turbolenti, egli, a somiglianza di Archimede, se ci é lecito il paragone, ignaro di quanto al di fuori avvenisse, era tutto inteso a suoi lavori sempre ambiti da tutti. Nè qui crediamo fuor di luogo anche ad altrui insegnamento notare, come il Pichler sapesse in buon’ora spacciarsi da quella vera peste della so-