Pagina:Ioannes Baptista a Vico - Opera latina tomus I - Mediolani, 1835.djvu/131

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italorum sapientia 101


Finalmente mi fermo in contemplare il Sommo Facitore: e fo vedere che lo sia Nume, perchè col cenno, o, per meglio dire, coll’istantaneo operare vuole, col fare parla; talchè le opere di Dio sono i suoi parlari, che dissero Fati: con le uscite delle cose fuor della nostra opinione è Caso; e perchè tutto ciò che fa è buono per l'universo, è Fortuna.

E da questa metafisica fo sparsamente vedere, qualmente la geometria e l’aritmetica ne prendono certi finti indivisibili: quella il punto che si disegna, e questa l’uno che si moltiplica, sopra le definizioni de’ quali due nomi la matematica appoggia tutta la gran mole delle sue dimostrazioni.

Similmente la meccanica ne ha preso l’indivisibil virtù del muovere, il momento o il conato; e, fingendolosi ne’ particolari corpi, v'innalza sopra le sue macchine.

La fisica ne prende i punti metafisici, cioè l’indivisibil virtù dell’estensione e del moto; e da’ punti e da’ momenti per termini di meccanica, o sia di macchine, procede a trattare del suo proprio soggetto, che è il corpo mobile.

La morale ne prende l’idea della perfetta mente del saggio; che sia informe d'ogni particolare idea o suggello, e che con la contemplazione e con la pratica dell’umana vita si meni come pasta, e si renda mollissima, per così dire, a ricevere facilmente gl’impronti delle cose con tutte le ultime lor circostanze. Onde provenga quella indifferenza attiva del saggio, quella capacità in comprendere molti e diversi affari, quella destrezza nell’operare, quel giudizio delle cose secondo il loro merito, e finalmente quel dire e quel fare così proprio, che, per quanto altri vi pensi, non possa più acconciamente nè dir nè fare; onde tanto si commendano i detti e i fatti memorabili degli uomini sapienti.

Da questi stessi principj di metafisica si asserisce e si conferma la verità alle matematiche, e sì esplica la cagione perchè gli uomini comunemente si acquetano alle sue dimostrazioni; perchè in quelle essi sono l’intera causa degli effetti che operano; e sì comprendono tutta la guisa, come operano, e sì fanno il vero in conoscerlo.

E da questi stessi principj, e non altronde, nasce la ragione onde gli uomini pur si acquetano a quella fisica la qual fa vedere le cose meditate con gli sperimenti, che ci diano apparenze simili a quelle che ci dà la natura: sicché la fisica si contenta delle apparenze, delle quali la metafisica sa le cagioni; e la razional meccanica, promossa da fior d’ingegno, si studia lavorarvi le simiglianze.

(analysi), sed faceremus (synthesi). At specie tenus tantum repugnat iis quae dixit in Epistola secunda, prope ad finem, ubi affirmat, che la sintesi infatti è ritrovare, repugnat item contextui § De certa facultate sciendi, cap. VII. Tota dirimitur controversia si vocabulum invenire ad analysim relatum accipies non secus ac significet quod verum se se fortuito afferat. Conf. De stud. Rat. pag. 15; Lib. Metaph. pag. 60.

Vici Op. lat. T. I. 7