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decandenza politica e sociale | 135 |
fine agli «Aromâni» del Balcano, che fù lui il primo a scoprire alla scienza, e ciò adoperando le fonti antiche ed i migliori lavori moderni. Voleva dimostrar la latinità della lingua, la pura romanità della nazione e ritrovarvi la forza che doveva aiutar i suoi ad elevarsi al di là delle umiliazioni di quei tempi tristi. E voleva anche risponder agli stranieri calunniatori della sua nazione, «perchè oggi ognuno può dire e scrivere di noi quello che gli piace, non essendo nessuno che ci difenda colla penna o colla mano». «I Valacchi, cioè i Rumeni, sono le reliquie dei Romani portàtivi da Ulpio Traiano», — questa era la breve formola della sua teoria.
Non arrivò a compiere il suo monumento letterario. Fù più felice nella sua «Cronaca dei Moldovlacchi» l’erudito, ma un po confuso, Demetrio Cantemir, uno degli scienziati più illustri dell’epoca sua, autore della Storia degli Osmani e di molte opere sull’Oriente, nonché di una Descrizione della Moldavia in lingua latina che fece come membro dell’Accademia di Berlino. Ma l’illustre principe moldavo, coetaneo di Nicolò Costino (figlio di Miron), — allievo dei Gesuiti ed ultimo rappresentante dell’umanismo latino — polacco, — non scriveva sotto influenza occidentale. Le sue qualità ed i suoi difetti sono di quel mondo orientale in cui egli si era formato, di quel nuovo ambiente costantinopolitano in cui viveva, per mezzo degli ambasciatori e viaggiatori, dei missionari, dei Greci