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si servono di un pennello intinto nella cera bollente e maneggiato con straordinaria rapidità (questa parte resta bianca quando l’uovo è immerso nel colore) costituisce uno dei più importanti capitoli dell’arte popolare.

Gli «artisti», a indicare i disegni del ricamo, usano i termini più poetici, talvolta anche satirici, per esprimere quanto hanno voluto riprodurre della natura ambiente. Si hanno quindi, fra gli strumenti e gli utensili: il frustino (gărbaciu), la sedia, il tavolino, il bicchierino, lo sprone, il ferro da cavallo, il rastrello, la lancetta, il candeliere, il martellino, la piccola navetta, la chiave del mulino; nel regno vegetale: la «foglia nella vigna», il «grappolino», il «fiore della scala», l’«abetino», accanto alla spiga, al ramo, alla rosa, al basilico, al fiore di fragola, al «fiore dei principi», al «fiore d’Alessio» (probabilmente = Alessandro Magno della leggenda); nel mondo animale: il pollo, il «pollo malato» (stârcit), il bruco, il serpente, il piede e l’occhio della rana, il corno del montone, l’unghia della capra e quella del gatto, la lingua pure del gatto, la gazza (pupăjoaia), il gallo, lo scarabeo (rădașca), la pulce, il ragno. La poesia non manca nella «donna infuriata» (mânioasă), la «mazza del monaco», il «cammino della morte», le «straniere» o «le stelle». «Scrivendo» (a serie, a încondeia), «variegando» le uova nel modo più individuale, così che raramente due esemplari si somigliano, allo stesso modo che sulle forche con le quali l’uovo decorato ha spesso in comune la infinita complicazione del disegno, si cerca di riprodurre «la croce», «il pastorale», «la cintura del pastore», la «piccola lampada», la «bisaccia del pastore», la slitta, l’altalena, l’amo, il ferro dell’aratro, la gabbia, la foglia di ciliegio, i chiodi di garofano, le ghiande, le zampe d’oca, l’ala dell’avvoltoio, la chiocciola, la ranocchia, la libellula, il formicolio delle stelle (1).

  1. V. la Prefazione.