Pagina:Iorga - L'arte popolare in Romania, 1930.djvu/14

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Chiunque conosca il passato dei Romeni, chiunque abbia traversato il loro paese per studiare ed ammirare le centinaia di chiese che ne sono l’ornamento principale, veri musei di un’arte piena d’originalità, si rende conto che quei capitelli di legno imitano nelle loro sculture i bei capitelli di pietra che caratterizzano le chiese valacche della fine del XVII e di gran parte del XVIII secolo; quelle impronte sull’intonaco fresco tendono a riprodurre umilmente le sculture che ornano le facciate delle stesse chiese e che formano una cornice graziosa a tutte le finestre laterali. Il confronto, facile a farsi per il gran numero di modelli, è concludente. E anzi, siccome un poco prima e un poco dopo il 1700 invalse l’uso, importato da Costantinopoli e dall’Oriente musulmano, turco e persiano, di dare ai muri interni dei palazzi principeschi, delle case dei boiari, e ai muri esterni di qualche chiesa, come a Fundenii Doamnei presso Bucarest, una decorazione di rami, di fiori, di rose aperte, di tulipani, di lampade sospese, di pavoni affrontati, impressi sullo stucco, quest’esempio fu seguito dalle imitazioni fatte in campagna.

I costumi femminili caratterizzati dallo splendore del rosso e dalla pompa abbondante degli ori, appartengono a una sola regione, quella del distretto valacco montuoso di Argeș e delle vicine vallate del Muscel. Ora ivi appunto per quasi un secolo ebbe la sua capitale quella dinastia che mescolò per il suo prestigio i ricordi bizantini agli influssi occidentali e della quale si sono trovate recentemente le tombe, in cui, attaccati ai corpi, restavano lembi di porpora e gioielli d’oro. Bisogna ammettere che i contadini si siano ispirati a quel lusso che si spiegava sotto i loro occhi e che ne abbiano attinti alcuni caratteri. Ho constatato da poco che nel piccolo villaggio di Valea Danului, a monte d’Argeș, le donne portano ancora, ai due lati della testa, delle strisce di fine tela bianca che coprono gli orecchi e corrispondono a quelle che si osservano nella Chiesa principesca di Argeș e in qual