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«Come? (dissi.) È forse conciliabile questo con la costante nostra corrispondenza?»

Fisò il guardo in aria sorpresa su me: «Corrispondenza! di qual corrispondenza parlate?»

«Non avete voi ricevute ripetutamente mie lettere, e fatta a queste risposta?»

Giunse ella in tuono solenne e fervoroso le mani: «Quanto è vero che confido nella misericordia celeste, mai!»

Un orribil sospetto m’invase in quel punto la mente: «Chi vi ha raccontato ch’io era morto?»

«Mi fu narrato che il legno entro cui v’imbarcaste per trasferirvi a Napoli, naufragò».

«Ma chi vi ha fatto questo racconto?»

Si rattenne silenziosa un istante; poi tremò nel rispondermi: «Filippo».

«Dio del Cielo, maledicilo nella tua collera!» (gridai sollevando all’aria serrati entrambi i pugni della mia mano).

«Oh! non gli augurate male, non gli augurate male (ella esclamò). Egli è... egli è mio marito».

Era ciò quanto mancava a spiegare compiutamente la perfidia usatami da costui. Mi bolliva il sangue come fuoco liquido entro le vene. I miei aneliti esprimevano inenarrabile rabbia. Rimasi per qualche tempo cupamente assorto in mezzo ad un turbine di atri pensieri ch’io volgea già nella mente. Quella infelice vittima dell’inganno intanto mi stava dinanzi, e giudicando fosse contra lei la mia collera, articolava con voce quasi spenta le sue discolpe. Non mi diffonderò su tale argomento. Io scorgea già più di quanto ella pensò rivelarmi, ed avea bastato una sua occhiata a farmi comprendere come fossimo stati entrambi traditi.

«Egli sì (susurrai fra me stesso con soffocati accenti di furor concentrato) egli, egli mi renderà buon conto di tutto».

Non parlai tanto sommesso che Bianca non arrivasse a comprendermi, e si manifestò nel suo volto il nuovo ter-