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Pagina:Issel - Viaggio nel Mar Rosso e tra i Bogos, Milano, Treves, 1876.djvu/100

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80 viaggio nel mar rosso e tra i bogos.

mare le barchette addette alla pesca delle perle raggiungerebbero, secondo Palgrave, il numero di 2000 a 3000 1.

Alcune navi, fra quelle che frequentano le pescherie dell’arcipelago di Dahlac, appartengono a negozianti di Massaua e di Gedda, altre sono proprietà dello stesso nachuda che le comanda; nel qua! caso la pesca si effettua generalmente in conto frodale coll’equipaggio, ed i benefizii si ripartono nel modo seguente. I palombari lavorano alternativamente per quattro giorni a loro totale vantaggio, ed un giorno a pro dell’armatore. Questi, oltre al percepire la propria parte d’utile, fa anche bene spesso ragguardevoli guadagni, acquistando a poco prezzo le perle che spettano ai palombari, i quali, stretti dalla miseria, sedotti dalla vista di qualche tallero sonante, ignari d’altronde del vero valore della loro mercanzia, preferiscono cederla in cambio di pochi contanti, piuttostochè aspettare una incerta occasione di vendita. Alcuni commercianti, e segnatamente i Baniani stabiliti a Massaua, sogliono anticipare piccole somme di danaro ai padroni di barche poco facoltosi, ed in compenso accaparrano a mite prezzo i prodotti delle pesche future.

Durante la mia visita al banco perlifero di Asbab, molti pescatori mi esibirono il loro piccolo gruzzolo di perle, chiedendone però un prezzo triplice o quadruplo di quello che erano poi disposti ad accettare, ed io profittai della occasione per comperarne alcune e, quel che più mi premeva, per procurarmi presso i palombari parecchie rarissime specie di testacei e di echinodermi che vivono nei fondi perliferi. I capitani dei legni vedevano intanto assai di mal’occhio la mia presenza, pel timore che io togliessi loro di mano qualche proficuo acquisto; perciò taluni ricusarono di accogliermi a bordo.

Le perle del Mar Rosso sono in generale non molto voluminose e dotate di poca lucentezza, ma frequentemente possiedono il pregio della sfericità. Alla fiera di Debullo se ne vendono ogni anno ai mercanti indiani, massauini od arabi, per una somma di 50,000 a 60,000 talleri 2, che rappresenta approssimativamente il valore dell’intero raccolto annuale. Quelle di

  1. William Gifford Palgrave, Une année de voyage dans l’Arabie Centrale, vol. II, Paris, 1866.
  2. R. Andree, op. cit., pag. 161.