Pagina:Istoria della città e costiera di Amalfi.djvu/222

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ao4 renp, come i Veneziani lo furono dell’Adriatico» Atlrì negozianti, e navigatori non si vedevano in Antiochia, Alessandria^ Costantinopoli, Tolemaide, Cafia, loppe, Tunisi, Tripoli ed in Bagdad, che gF industriosi amalfitani, i quali furono i primi a portarvi nuove merci e manifatture (i). In grazia del^icco traffico che co’ Turchi facevano, furono talmente favoriti dal Califfo d’Egitto, che ottennero, come dicemmo, un posto in Gerusalemme ove potersi ricoverare ne’ loro frequenti viaggi; e ciò fu motivo di dare luogo più tardi all’istituzione del famoso ordine cenobitico degli spedalieri, oggi di Malta — Né minore benevolenza incontrarono nel generoso anime del Principe d’Antiochia Boemondo HI. il quale nel 1 163 donò ad essi Amalfitani che trafficavano in Laodicea, la metà de’ dritti di uscita e di entrata, soliti a pagarsi sulle mercanzie, non che tre luoghi denominati Estaconi con le rispettive pertinenze, per edificare, negoziare e lavorare a loro gradimento (2). Cinque anni dopo (i 168) (1) Guglìcl. arctvesc. di Tiro. Storia delle guerre di Terra santo lib. iB. luter cos autem, qui loca praedicta tentaverunl, fueruot viri de Itoli», qui ab urbe, qutm incolunt, dicuntor Araalphitani*.«Hujua regioois habitolores^ ut praediz.imu6, primi mertm peregrinas, quas Oriens Don noverata ad supradictas partes lucci ftciendi gratia inferre tentoverunt. (a) Archivio Capitolare d’Amalfi n.* 10. ^ In nomine ec. Unìversis Stnctoe matris eccUsiae filiis Um praesentibus quan^futuris ionott•co, quod ego Boemundus Kaemnndi quondam Antiocbiae nobilissimi principis filius, babens dominium^Laodiceae et Gabuli> ad emenda* tionem patriae meae providere soUicitus, ex communi assenan viro» rum meorum» dono et concedo ecclesiae Dei et S. Andreat de Malpbia 9 cunctisque Malphetanis eorumque in posteris successoribus universis in helemosinam jure haereditario babendom, ae posaidendun libere et quiete et in pace, et sine calumnia medietotcm omnium justarum mearum consuetudinum, ac reddilum quos mibi persòlvere debuiskent. Ita scilicet in praedictarum consuetudiniUB, atque reddi