Pagina:Istoria della città e costiera di Amalfi.djvu/447

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429 Le «lesse icbe dell’epico greco farotio riprodotte de» Virgilio, Ovidio ) Igino, Licofrone ^ Apollonio, Dio«> nisio Perigeta ec. Noi non istaremo qui a syilappare chi mai si fussero state queste Sirene, se donne one-» ste, o meretrici, se 6glie del fiume Acheloo, di Mei* pomene, di Calliope, o di Sterope’, se avessero le gam* he di uccelli o il sembiante di donne, o se avendo il Volto di donzella andassero a terminare in forma di pe* sce mostruoso (i) ^ ma soltanto ci piace seguitare V opinion ne di taluni che in ispiegare il senso allegorico di tale favola, vi scoprirono ladri e pirati di mare j che con frode, inganni e sopraffine maniere traevano i miseri naviganti in questi Scogli, e dopo averli posti a ntbba ne facevano stragge tremenda. E pare che Vii^ilio in que* sto senso disse che quei scogli biancheggiavano di ossa; Janujue adeo sco/ndos Sirenum ad^cta subibai ^ DìfficUeB quondam, multorumque ossibus albos (2)» Alcuni vogliono che la loro denominazione sia del tutto greca, facendola derivare dal verbo aupo» > trako ^ oda OSI» ^ decipio] altri a c$tpi^ catena j vel funis; e finalmente altri dalla Dea Siri protettrice de’ Fenicj ^ allorché questi navigatori approdarono in Italia 9 fingendosi essere stati dispersi in tre seni col. nome di Parte^ nope, di Leucosia e di Ligeia. In questi tre luoghi ap* (i) Horat* de art. poetica

  • ... ut torpiter atrnm

Desinat in plscem mulier formosa superne* (a) Virg. -finci.l. lib. V. y. 864.