Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/236

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216 illustri italiani


Riuscire! toccar la metà! veder coronata la fatica di tutta la vita! e ringraziare Dio tanto più, quanto meno gli uomini han fatto per secondarti! Deh chi basterà a rivelare queste ineffabili gioje?

Allora che più resta al mondo da tributare al grande?

L’ingratitudine.

Il piloto che l’accomodò d’una nave, tenta rapirgliene il vanto; i re gli mentono cavillosamente le promesse insanamente prodigategli; gli spiriti forti il celiano perchè cercò nel cielo le speranze che il mondo gli negava; gli emuli studiano rimpicciolirlo ergendogli a fianco un mediocre e d’altrui nome indicando le sue scoperte; chi lo taccia di vanità perchè cerca titoli che tanti diritti recano a chi li sortì dal caso; chi d’avarizia perchè tien conto dell’oro col quale assumere nuove imprese; chi di ferocia perchè i suoi successori trucidano le genti da lui rivelate; Colombo morendo vuole nel sepolcro le catene con cui tornò dal nuovo mondo, perchè nulla insuperbisce tanto, come il martirio in una causa d’indubitabile trionfo.

Quando l’invidia non ha più paura ch’egli trovi un altro mondo, ne confessa la grandezza, vantandosi equa dispensiera di gloria; anzi l’esagera per deprimere chi s’elevi a novelli ardimenti.

Colombo è il primo grande scopritore che appartenga veramente alla storia. L’antichità ne avrebbe fatto un semidio; essa che pose fra gli astri la nave che tentò il tragitto della Colchide e la lira con cui fu cantata; il medioevo v’avrebbe scôrto l’intervenzione del demonio, come nella scoperta della stampa e della polvere. Qui ci sta innanzi lui stesso; lui, colle sue lotte, le esitanze, i momentanei scoraggiamenti, la finale perseveranza, gli errori sublimi: — Colombo è uomo.