Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/261

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giulio cesare 241

Bretagna uno di essi salva i centurioni avviluppati dal nemico; fatte prove incredibili, lanciasi a nuoto, e uscito a riva, viene a chieder perdono a Cesare d’aver dovuto lasciare lo scudo. Nel conflitto navale presso Marsiglia, Acilio, saltato s’una nave nemica, ha tronca la destra, eppur non dà indietro, e battendo lo scudo in volto agli avversarj, s’impadronisce del legno. Cassio Seva a Durazzo, perduto un occhio, trapassata la spalla da un pilo, con centrenta freccie confitte nello scudo, chiama i nemici in atto di volersi rendere, poi come ne ha vicini due, li trucida e si salva. Innanzi la pugna di Farsaglia, Crastino interrogato da Cesare qual esito predicesse, rispose stendendogli la mano: — La vittoria; i nemici andranno in rotta, ed io, morto o vivo, otterrò le tue lodi». Un altro soldato all’intimata d’arrendersi, rispose: — I soldati di Cesare sogliono conceder la vita agli altri, non dagli altri riceverla». Simile a quel soldato d’un altro Cesare che periva esclamando: — La guardia, muore, non si rende».

Un tal generale e con tali soldati poteva altro che vincere? Vedendo tardare i soccorsi che Marcantonio dovea menargli da Brindisi, Cesare si acconcia da schiavo, e s’un battello da pesca traversa il mare. La procella parve volerne punire la temerità, e i barcajuoli disperavano di tener il largo, quando egli scoprendosi disse al piloto: — Che temi? tu porti Cesare e la sua fortuna».

Non potè però tenere l’assedio di Durazzo; toccata anzi una sconfìtta, desidera terminare la guerra con un colpo, ed invade la Tessaglia. Pompeo voleva evitare una giornata risolutiva; ma come fare la sua voglia in mezzo a tanti cavalieri e senatori, invaniti di nomi storici, disdicevoli alla presente bassezza, millantatori? i quali, siccome avviene de’ fuorusciti, credendo onorarlo col seguirlo, pretendevano esserne ascoltati, ragionar il comando, misurare l’obbedienza a un capo che da loro traeva forza: e l’uno lo derideva perchè aspettava l’opportunità; l’altro lo paragonava ad Agamennone che volesse trar in lungo la guerra per mantenersi a capo di tanti eroi; un terzo si doleva che il ritardo gli torrebbe di mangiar i fichi della sua villa di Tusculo; e tutti non vedevano l’ora di spartirsi le prede, i prigionieri, le preture, i consolati, e diguazzare in patria. A simili soldati Cesare avrebbe o negato ascolto o dato il congedo: Pompeo, come i fiacchi di volontà, ha bisogno d’esser approvato, applaudito, e avria comportato più volontieri una sconfitta che

Cantù, — Illustri italiani, 16